PERALADA
VINO, CULTURA E STORIA NEL CUORE VIVO DEL SIGNOR MIGUEL MATEU
Da lontano vedi un puntino all'orizzonte, quando ti avvicini basta poco per perderti nel chiarore della pietra tendente all'ocra delle sue case che si oppone al verde dei suoi campi, e nell'intenso aroma di mediterraneo che pervade le sue strade strette e che si oppone al salmastro delle brezze marine.
Peralada è un piccolo centro urbano, di carattere medioevale nel cuore della regione dell'Empordà in Catalogna (SPAGNA), a cui fa da cornice ,sullo sfondo, la catena montuosa dei Pirenei.
E' un oasi di storia, cultura e pace, dove perfino le cicogne hanno scelto gli alberi del suo castello come luogo per andarci a nidificare.
Le sue origini risalgono al IV secolo a.C., nel tempo ha visto arrivare l'Impero Romano che portò con sé le prime barbatelle di vitis vinifera, facendo del Empordà la regione vitivinicola più antica di Spagna; si è dovuta difendere dai mori che spinsero quasi fin qui le frontiere del proprio califfato, e si è dovuta autodistruggere dandosi alle fiamme nel 1285 per non cadere in mano dei crociati francesi di Filippo III di Francia, proprio come era accaduto anni prima ai vicini albigesi.
Proprio a questa data storica, si deve far risalire la nuova Peralada, così come oggi si presenta ai nostri occhi.
Infatti il castello andò completamente distrutto nelle fiamme, allora i proprietari, i Visconti di Peralada decisero di ricostruirlo fuori dalle mura cittadine, cedendo parte delle terre confinanti ai frati carmelitani affinché vi costruissero un convento, l'attuale Convento del Carmen, al cui interno ospita una chiesa in stile gotico.
La vita di Peralada fu strettamente connessa a quella del suo Castello, che mantenne in vita il centro medioevale, e che ne ha disegnato il suo paesaggio, offrendo protezione a conventi e monasteri, come il suggestivo claustro romanico del XI secolo d. C, dove è addirittura possibile scoprire in uno dei capitelli delle sue colonne che il frutto della conoscenza non era la mela, bensì un fico.
Eppure questa oasi di bellezza, non sarebbe oggi pervenuta a noi nella sua integrità se non fosse stato per il Signor Miguel Mateu y Pla, che nel 1923, alla morte del marchese De la Torre,ultimo erede senza discendenti dei Visconti di Peralada, ne comprò il castello e le sue proprietà.
Il Signor Mateu, imprenditore dell'acciaio di Barcellona, fu un uomo visionario, ricco di intuizione, appartenente a quella stirpe di imprenditori luminari come gli italiani: Mattei, Einaudi, Olivetti; uomini che vedevano nel fare impresa un modo per fare cultura a trecentosessanta gradi e un opportunità per rendere un servizio utile socialmente.
La sua forte personalità e la sua sensibilità emotiva lo resero un uomo di grande spessore nazionale e internazionale, tanto che nel suo periodo come ambasciatore in Francia cercò fino all'ultimo di scongiurare l'entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale. Fu un uomo di lotte, spesso condotte in solitario, come quelle per la ricostruzione di Peralada, per il museo di Dalì, per il porto di Santa Margarita de Rosas, per la fine della guerra, per la pace. Ricordato con nostalgia dai viticoltori della zona che ogni anno celebravano assieme a lui la festa della vendemmia.
Il Signor Mateu non divenne solo il proprietario del Castello, ma fu custode dell'intera Peralada, perchè grazie a lui si sono salvati i tempi passati.
Infatti per poterne apprezzare appieno l'opera di salvaguardia e difesa di questo prezioso patrimonio culturale; prima di andare via fate una visita guidata a partire dal Convento del Carmen, visitando la sua chiesa in stile gotico, la cui struttura è disponibile per cerimonie religiose private.Per continuare la visita all'interno del castello, dove si trova il Museo del vetro con oltre 2500 pezzi e una biblioteca con quasi 100.000 libri, fra cui sono presenti più di 1000 edizioni del Don Chisciotte in 33 lingue diverse, curata e ampliata con particolare dedizione e amore da Mateus dopo la morte della sua amata sposa Julita.
La visita si conclude con il museo del vino, ubicato all'interno delle cantine del convento carmelitano, dove è possibile ammirare l'arte vinificatoria dei tempi passati risalente al XIV secolo, attraverso più di 750 oggetti legati ai processi produttivi di vinificazione. All'interno delle cantine del castello ha ancora oggi sede l'attività produttiva vitivinicola della Bodega Castillo Peralada continuata dai discendenti del Signor Mateu; infatti proprio qui vengono elaborati secondo il metodo classico i prodotti di punta della produzione: i famosi cava, il cui termine deriva dalla parola utilizzata per indicare le grotte dove questo vino spumante viene tradizionalmente prodotto.
I cava più importanti elaborati dalla Bodega Castillo Peralada sono due:
- Gran Claustro Cuveé especial Gran Reserva, un cava brut nature prodotto con il metodo classico a partire da uve autoctone della D.O. Cava, come xarell-lo, chardonnay e parellada, il nome è un omaggio alla magnificenza del claustro del convento del Carmen, dove nei capitelli dello stesso è scolpito uno scudo con una pera, simbolo della popolazione di Peralada.
- Torregalatea, un cava brut rosè prodotto con il metodo classico dalle varietà di pinot noir, tremat e monastrell. Questo vino spumante di un bellissimo rosa cerasuolo è un omaggio all'eterna amicizia tra il geniale Salvador Dalì e il Signor Mateu. Infatti è noto che quando Dalì riceveva ospiti nella casa di Port Ligat, era solito offrire loro una copita di cava rosado, per impressionarli con il rosa cerasuolo di questo spumante vivacizzato dalle bollicine; decisamente insolito per quell'epoca.
Blog notes:
- QUANDO VISITARE: in ogni momento dell'anno è ideale oltre che possibile visitare Peralada, ma senza dubbio il momento clou è rappresentato dai mesi di Luglio e Agosto, quando i giardini del castello restano aperti per il Festival Internazionale della musica di Peralada, quando l'operà e la danza internazionale vengono a farle visita e che quest'anno vedrà la sua ventottesima edizione.
- COME RAGGIUNGERE: In auto dista 145 Km da Barcellona e 46 da Girona, mentre da Figueres dista solo 9 km percorribili in auto seguendo le indicazioni stradali per Llancà.
- DOVE DORMIRE: Hotel de la Font Peralada, Baixada de la Font Peralada www.hoteldelafont.com ex convento silenzioso e accogliente dove potrete fare una ricca colazione con prodotti tipici del territorio perparati in casa.
- DOVE MANGIARE: Restaurant Cal Sacristà, cucina tipica territoriale che risente per via della vicinanza di un elegante influenza francese, ottime le torte preparate in casa con ingredienti naturali. www.restaurantcalsacrista.com
- DOVE COMPRARE: La botiga del Celler, C/San Joan 24 +34 972 538503 dove potrete trovare i vini della Bodega Castillo Peralada e altri vini regionali
RIONERO IN VULTURE :" PARADISO PERDUTO" NELLA MANCHA D'ITALIA
" e là nell'ombra delle nubi, sperduto, giace in frantumi un paesetto lucano."
(ROCCO SCOTELLARO)
A seconda che la si veda da Nord o da Sud, la Basilicata o Lucania, nei colori della terra, nei paesaggi rurali dove la vista non incontra l'orizzonte, nelle morbide distese che accarezzano il territorio, assomiglia tanto alla Mancha di Spagna. Quella Mancha che tutti noi conosciamo se non altro per le avventure raccontate da Miguel Cervantes nel Don Chisciotte.
Luoghi e posti unici, ancora capaci di raccontare un umanità ideale, sospesa tra l'azzurro del cielo e il verde dei campi, "paradiso perduto" lontano dalla realtà odierna sociale. Perduto nelle nubi lucane, perduto nel blu cobalto delle acque di Monticchio, perduto nel verde delle felci, perduto nel nero della pietra lavica, perduto nel "pianto del Vulture".
Oggi, la resistenza di questa terra sembra sopravvivere solo nella morfologia del suo territorio e nella bellezza storica dei suoi patrimoni archeologici, che seppur caduti sotto l'ignavia degli uomini continuano a lottare contro il passare dei secoli.
E' così per i Palmenti di Pietragalla, architetture rupestri risalenti alla seconda metà dell'ottocento, caratterizzate da un sistema di grotte ipogee dedicate alla pigiatura e trasformazione delle uve in vino.
Questo insediamento produttivo rurale è testimone di un tempo in cui la vendemmia era festa vera. Il vino si faceva solo con l'amore e il lavoro era motivo di gioia collettiva e non d'alienazione.
E' così per la badia di San Michele di Monticchio, glorioso gioiello architettonico, che sovrasta il lago piccolo, segno di devozione e pace tra la dinastia Normanna e lo Stato Pontificio. Il santuario, infatti, dopo aver ospitato per secoli i pellegrini medioevali diretti in Terra Santa, resta oggi con le porte serrate a chi si avvicina ai suoi piedi, nonostante un cartello rosa fluo sia lì a ricordare che la Basilica è aperta tutto l'anno.
Bellezze sconsolate, bellezze desolate. E allora ci si chiede perché in Europa le grandi bellezze ispirano mentre in Italia le grandi bellezze fanno incazzare.
Sembra che fatta eccezione per le lapidi marmoree delle piazze e dei palazzi storici più nessuno ricordi che queste terre furono le prime assieme ai sanniti a insorgere contro l'Impero Romano, che queste terre furono cavalcate da Federico, come lo chiama Donatuccio, un anziano del paese, rivolgendosi al grande imperatore Federico II di Svevia. Sembra che la gente abbia dimenticato che queste terre furono calpestate dai grandi intellettuali del governo Murat, e che da queste terre mosse i primi passi il pensiero meridionalista.
Un tempo c'erano i Briganti a difenderle dal pericolo delle invasioni: borboniche, francesi e piemontesi.
Mentre oggi chi ci difenderà dall'ultima grande invasione? Quella ad opera di noi stessi contro noi stessi, contro la perdita del senso di appartenenza agli altri e al territorio in cui viviamo. Il nostro ego ci ha fatto perdere la dimensione socio-collettiva della comunità e dello stare insieme.
Il passato non è una terra straniera, i veri stranieri siamo noi. La vera lotta per la libertà vive nella memoria, perché solo la conoscenza ci rende liberi.
Ma se la Mancha ha perduto il suo eroe, la Lucania ha ancora il suo Don Chisciotte basilisco: Ernesto Grieco, un poeta paesaggista, cittadino attento e sensibile, partigiano della libertà, che con l'unica forza delle sue poesie continua a lottare contro la perdita d'identità territoriale e difende con i suoi versi il senso dell'appartenenza. Una favola la sua che inizia negli anni '60, quando spinto dalla curiosità di sapere e conoscere dove portava il fischio del treno che ogni giorno scompariva dietro la montagna, decide di seguirlo fin su al Nord.
A Torino conosce il "Futuro" e l'industrializzazione, ma ben presto il terribile terremoto dell'80 lo riporta a casa, dove senza più niente ma con l'interminabile amore per la sua terra ricomincia la sua vita. Sembrerebbe una di quelle tante storie con l'happy end se non fosse che torna a trovarlo il "futuro". Nella sua veste peggiore, però. Quello in forma neocoloniale che sfrutta, avvelena il territorio e poi lo abbandona, distruggendo la forza dei legami sociali che lo arricchiscono e facendo perdere i mestieri di un tempo dove al tempo della remunerazione c'erano condivisione e aiuto reciproco.
Del resto quando Ernesto dice: "Il futuro oggi è recuperare un po' di ieri", non si sbaglia. Infatti basta leggere uno dei suoi libri di poesie per capire che la banca del tempo e la moneta virtuale esistevano già.
Per fortuna che oltre Ernesto resiste ancora chi si batte a tavola contro l'invasione dei grandi Bordeaux; e contro il piemontese Barolo, principe d'Italia, potendo dignitosamente competere con questi giganti della viticoltura internazionale.
Per chi non lo avesse ancora capito, stiamo parlando dell'Aglianico, un vitigno a bacca rossa coltivato nella zona del Vulture e portato qui dai Greci; che da vita a vini rossi che formano il marchio DOC e DOCG come l'Aglianico del Vulture Superiore.
La fierezza e la particolarità di questo vitigno la ritroviamo nei vini di Cantine del Notaio, dove gli aglianici il Sigillo e la Firma esprimono nobilmente il terroir di questo paradiso perduto e presentano elegantemente al palato la vigorosa tannicità di questo vino.
Dolce sorpresa della produzione di questa azienda è il vino bianco dolce l'Autentica, ideale in abbinamento ai cannoli di ricotta della pasticceria Libutti, dove oltre ai tipici cioccolatini al cuore d'aglianico, dal ventuno aprile in occasione della festa degli alberi potrete provare il vero gelato artigianale.
Blog notes:
- DOVE MANGIARE: OSTERIA IL VECCHIO CORTILE, Via Luigi Lavista 23, Rionero in Vulture (PZ) tel: 0972724664 www.osteriavecchiocortile.it
- PASTICCERIA LIBUTTI, Via Garibaldi 25, Rionero in Vulture (PZ)
- DA VISITARE: CANTINE DEL NOTAIO, Via Roma 159, Rionero in Vulture (PZ) www.cantinedelnotaio.com
Storie di coraggio, 12 incontri con i grandi italiani del vino
"Storie di coraggio" è il viaggio geopoetico di Oscar Farinetti con Shigeru Hayashi e Simona Milvo, lungo il Bel Paese, alla scoperta dei più bravi e "buoni" maestri vignaioli d'Italia.
Conoscere le loro storie ci rende liberi e più coraggiosi... Perché " il coraggio è contagioso" parola di Oscar.
Se la parola coraggio deriva dal latino "cor" che significa cuore, allora le degustazioni di questo racconto che abbinano vini alle idee e alle conversazioni, sicuramente proprio come un buon vino "prepareranno il nostro cuore a renderlo più pronto alla passione".
Ascoltando il linguaggio emotivo e chiaro di questa "favola" che parla di un Italia" partigiana" che resiste, non si può non pensare al motto dei latini "in vino veritas", perché si racconta un unica verità:
"C'era una volta e c'è ancora oggi, un Italia di coraggiosi che resistono alla paura che uccide la libertà dei singoli, e con questa le loro capacità e potenzialità".
Questa favola guarda al passato ma parla al futuro. Parla ai giovani, per accendere in loro il senso di appartenenza al "partner più importante che tutti noi italiani abbiamo: il territorio"; per non lasciare il cuore alla rassegnazione che la cattiva politica e il poco lavoro hanno prodotto con la psicosi paranoica del terrore della crisi.
Queste storie ci insegnano che non possiamo avere paura delle libertà, perché la paura della libertà permette l'esistenza dell'assistenzialismo clientelare e delle moderne forme di prevaricazione sociale che soffocano noi e il nostro amato territorio.
Questo viaggio ci aiuta a prendere consapevolezza del fatto che quella che stiamo vivendo è una crisi culturale ma non produttiva. Infatti nelle degustazioni dei vini che accompagnano questo viaggio, sono chiaramente "percepibili i valori immateriali delle persone" che li producono, il loro animo: felice, limpido, autentico, libero... Produttori artigiani ( partigiani) che agiscono liberamente nel mondo e resistono alla psicosi di terrore locale che li vorrebbe rassegnati e impotenti.
La visione di Oscar e dei suoi amici è quella di farci comprendere che noi cresciamo come le vigne, i vini, le colline, le montagne nei luoghi dove andiamo ad essere. Però per essere dobbiamo comprendere il nostro territorio, da dove veniamo, a chi apparteniamo, cosa ci appartiene e dove stiamo andando; perché solo la conoscenza ci rende liberi.
P.A.I. (Persistenza aromatica intensa) garantita.
Golosaria 2013, se l'aspettativa non incontra l'impressione
Il gusto italiano e l'alto artigianato enogastronomico si annunciavano come protagonisti assoluti di Golosaria 2013 (Milano, dal 16 al 18 novembre scorso). All'Ipertrendy Superstudio, location ottimale per la kermesse, la risposta è di quelle da grande partecipazione, anche se + Food e - Wine.
Se consideriamo che Milano si presterà ad essere lo scenario prossimo di tutto ciò che di bello l'Italia può rappresentare con Expo 2015 e il forte imprinting che a questo importante appuntamento sarà dato dall'agroalimentare e dal mondo e dalla cultura del vino, quest'assenza si fa sentire. E non poco.
Il vino infatti, nell'attuale realtà imprenditoriale italiana, resta uno dei pochi- se non l'unico settore produttivo- che registra trend positivi di crescita, con la sua costante e continua apertura all'internazionalizzazione, all'innovazione e alla ricerca. Sorprendono quindi certe piccole disattenzioni dell'evento milanese che hanno sfavorito nettamente l'area del wine. Piccole negligenze che certamente non sarebbero sfuggite, però, all'attento potenziale buyer di turno.
Secondo il nostro modesto parere, la prima disattenzione fra tutte è ricaduta sulla scelta del bicchiere utilizzato per le degustazioni, chic però non altrettanto cheap, che seppur apprezzabile dal punto di vista estetico lo era molto meno dal punto di vista funzionale; e seppur prestabile alla degustazione dei vini rossi era inadeguato per l'analisi olfattiva e visiva della degustazione delle bollicine dove valutarne e apprezzarne intensità, complessità e perlage era del tutto impossibile.
Forse si poteva tentare di coniugare il bello con il funzionale secondo la lezione del grande Bruno Munari che ricordava che "non ci deve essere un arte staccata dalla vita: cose belle da guardare e cose brutte da usare.
Se quello che usiamo ogni giorno è fatto con arte non avremo niente da nascondere".
Ciò nonostante anche il barlume di entusiasmo suscitato in noi dal fatto di scoprire tra le fila dei produttori del wine, un ambasciatore dell'eleganza delle bollicine come la TRENTODOC si è presto affievolito.
L'azienda trentina che è , che è un mo(n)do diverso di fare vino, impeccabile nel trasmettere in chi lo beve il senso di identità e creatività, ha omesso di portare con sé quell'ardore della gente di montagna, il suo slogan.
Ci sarebbe piaciuto entrare in questo mondo accompagnati da griot in grado di narrare e trasferire al degustatore occasionale la cultura, la storia, le emozioni, il terroir del Trentino. E invece tutta questa narrazione è stata messa da parte per rinchiudersi in un asettico format da brochure che riesce solo a rammentare matematicamente le percentuali d'uvaggio di ogni singola bottiglia.
Noi di Che guay siamo dispiaciuti ma fiduciosi perché consapevoli del forte senso del territorio che lega la TRENTODOC e che ha fatto di essa una delle più grandi realtà del panorama vitivinicolo del panorama italiano.
Perché un ente che ha fatto del cooperativismo una virtù, non può dimenticare che solo la testimonianza e la narrazione della gente del proprio luogo di elaborazione è indispensabile a non perdersi nel mondo del vino, e a sapersi far riconoscere in chi lo beve.
E' importante essere presente nel mondo del vino, ma lo è ancora di più puntare sull'importanza della creatività e della narrazione come valore. Perché la propagazione delle emozioni e dei significati produce oggi valore come e più della elaborazione dei prodotti. Tutto questo non è facile ma nemmeno impossibile.
Blanquette di Limoux e Crémant di Limoux della Maison Guinot
Quando il vino diventa una forma d'arte...
Quando diciamo champagne o spumante pensiamo ad un vino con le bollicine... Difficilmente andiamo oltre, difficilmente arriviamo a scoprire il mondo che si nasconde dietro ad una bollicina. Infatti il vino prima di arrivare a questo, viene elaborato con trattamenti rituali, frutto di passione, e in qualche caso, come per la Maison Guinot, di una secolare esperienza generazionale.
Per scoprire questo mondo, noi di Che guay siamo andati a chiederlo direttamente e personalmente al "creatore delle bollicine", Michel R. Guinot, che ci ha svelato, con grande amore e naturalezza, i passaggi di elaborazione a cui vengono sottoposte le sue " creature", le cuvée Blanquette de Limoux e Crémant de Limoux, ed i segreti del Metodo Classico o Méthode Champenoise.
Tutto ha inizio nell'Abbazia di Saint Hilaire, nel Languedoc-Roussillon, Francia, un paesino a metà strada tra Limoux e Carcassone, era l'anno 1531, i monaci benedettini scoprono la rifermentazione in bottiglia... Nasce il primo spumante Brut. La storia vuole che nel 1668, quasi un secolo e mezzo dopo, durante un pellegrinaggio, faccia visita all'Abbazia di Saint Hilaire,il monaco benedettino Pierre Perignon, conosciuto come Dom Perignon, scoprendo così il metodo di vinificazione dei vini effervescenti di Limoux e facendo successivamente la fortuna dello Champagne.
La Maison Guinot è da sempre legata alla storia e alla tradizione di Limoux producendo i suoi cuvée Blanquette de Limoux sin dal 1875 e Crémant de Limoux sin dal 1913 rigorosamente con metodo champenoise.
M. Michel Guinot ci insegna come nel 1889 anno della inaugurazione della Tour Eiffel, all'Expo Universal de Paris la Maison Guinot vince la sua prima medaglia d'oro.
La Maison Guinot, a differenza delle altre case vinicole della zona a base cooperativistica, ha uno stile di produzione familiare che controlla l'intera filiera di produttiva garantendo per questo qualità e pregio ai suoi cuvée. Michel ci ricorda che nella sua produzione è assente un millesimato, ma è per una precisa scelta di continuità di prodotto , per conservare inalterato e bilanciato nel tempo e nella memoria dei clienti il concetto e l'essenza dei suoi cuvée.
Ultima novità interessante della Maison Guinot è il Crémant Impérial Tendre Rosé che per la sua freschezza bilanciata conquisterà le amiche di Che guay.
Nel 1913 nasce il primo Crémant de Limoux della Maison Limoux in onore di un cliente illustre dell'epoca, lo Zar Nicola II. In memoria dello Zar è dedicata la cuvée che Che guay andrà a degustare.
Metodo Classico o Metodo Champenois, il mondo che si nasconde dietro ad una bollicina Guinot.
Il terroir è uno dei fattori determinanti, infatti i cuvée Guinot vengono elaborati a partire dall'assemblaggio (blending) dei più nobili vitigni a bacca bianca: lo Chardonnay dagli aromi fini e profumo di fiore, il Chenin per la sua acidità, e il Mauzac che gli conferisce la tipicità di Limoux.
Le uve vengono raccolte a mano e pressate separatamente, il mosto fiore fermenta naturalmente in cuvée e si trasforma in vino bianco alcolizzato 11% Vol. Al vino base ottenuto si aggiungono zucchero, sotto forma di sciroppo zuccherino (liqueur de tirage) e lieviti selezionati, e si imbottiglia con il tappo metallico a corona, lasciando le bottiglie ad invecchiare sui depositi da 2 a 5 anni a seconda della cuvée, in posizione orizzontale, a cataste, in una cantina dove la temperatura rimanga costante a 10-12 °C, per conferire la migliore qualità aromatica e gustativa. Durante questo tempo, nel vino imbottigliato avviene una nuova fermentazione, detta "presa di spuma", e l'anidride carbonica che ne deriva resta imprigionata nella bottiglia ben tappata.
Dopo questo periodo, terminata la fermentazione, si sarà formata tutta la spuma necessaria, ma anche un notevole sedimento feccioso. A tal fine, per separare il vino dal sedimento feccioso, si dispongono le bottiglie su dei sostegni ( pupitres) muniti di fori ovali; le bottiglie prima vengono disposte leggermente inclinate, poi ogni giorno per 30 giorni vengono scosse con movimenti oscillatori di 1/4 (remuage) e inclinate maggiormente, in modo che dopo 1-2 mesi si trovino in posizione quasi verticale col tappo rivolto verso in basso. Nel frattempo i sedimenti fecciosi si saranno accumulati verso la punta delle bottiglie, quindi contro il tappo.
Prima della commercializzazione si espellerà il deposito feccioso(dégorgement o sboccatura) con un sistema semi-manuale à la glace ( al ghiaccio), raffreddando preventivamente le bottiglie a 4-10 °C per 10 minuti a testa in giù in un apparecchio (dégorgeuse) contenente una salamoia di glicole etilenico a -25 °C. A questa temperatura la feccia ghiaccia e si procede a stappare la bottiglia per farla fuoriuscire assieme ad una piccola quantità di vino, con una perdita di gas ridotta al minimo. Dopo di che per compensare la perdita di spumante perso, dopo la sboccatura è necessario rabboccare la bottiglia, aggiungendo vino dello stesso tipo che si sta lavorando, per conservare il prodotto secco. L'etichettatura della bottiglia con un packaging diverso per l'Italia, rappresenta tutta la filosofia e l'attenzione della Maison Guinot per la creazione delle sue bollicine di gran pregio.
Vinus loci:
Il Crémant Impérial Brut Tendre della Maison Guinot è elaborato da vitigni a bacca bianca: Chardonnay che gli conferisce odore, Chenin che gli conferisce freschezza per la sua acidità e il Mauzac che gli conferisce la tipicità di Limoux. Il colore è oro,la spuma perfettamente incolore ha la persistenza di 6 secondi, indice dell'ottimo equilibrio di composizione di questo vino, il perlage finissimo costituito da bollicine che risalgono ordinate in linee verticali ne sottolinea la qualità. Al naso si dischiudono inizialmente sentori di lieviti, crosta di pane, frutta a polpa gialla che con il tempo si evolvono in percezioni di agrumi e miele. Il sapore è avvolgente, cremoso, ricco, morbido percorso da una carbonica di sottile fattura e foriero di ritorni floreali come l'acacia e di pasticceria. Questo Crémant è un magnifico aperitivo, ma può sposarsi a tutto un pasto, con risotti delicati e piatti a base di pesce. Da provare anche con il prosciutto crudo e formaggi non troppo stagionati.
Glossario:
Crémant: è un vino spumante vinificato in Francia, in Italia il suo omonimo è chiamato Satèn, quello che lo differenzia dai normali vini spumanti o dallo champagne, oltre al prezzo più modico, è la pressione atmosferica contenuta nelle bottiglie, che deve essere inferiore alle 5 atmosfere. Il risultato è una minore quantità di anidride carbonica, con un perlage e una spuma più soffici.
Cuvée: indica la miscela di più vini o più uve per ottenere un taglio unico, sinonimo di blend o assemblaggio. Si utilizza anche per indicare bottiglie di particolare prestigio.
Blog Notes:
DA VEDERE: GUINOT FRANCE 3 Av. du Chemin de Ronde-BP 74 11304 Limoux Cedex
www.blanquette.fr
CASTELLO DI QUERIBUS A CUCUGNAN, CASTELLO DI PUILAURENS A LAPREDELLE, CASTELLO E MURA DELLA CITTA' DI CARCASSONE ed altri siti ecccezionali medioevali; e per scoprire tutto del Paese Cataro, distrutto nella crudele crociata, lanciata da Papa Innocenzo III,da parte dei cristiani contro gli albigesi, l'unica crociata mai condotta nelle terre cattoliche.
www.payscathare.org
GORGES ST JAUME FENOUILLET, per gli amanti del canyoning o torrentismo, o per chi solo vuole fare un bagno in piscine naturali tra le gole della montagna.
DOVE DORMIRE: AUXDEUXCOLONNES 3 Avenue de Limoux 11250 Saint Hilaire
auxdeuxcolonnes.com mail: auxdeuxcolonnes@aol.com
La struttura è perfettamente fedele al concetto e stile di ospitalità delle case rurali, ad accogliervi ci sarà il proprietario Pedro espertissimo in torrentismo.
16 MODI DI DIRE BIRRA... 1 SOLO MODO PER BERLA
Basta con il chiamarla bionda, rossa o nera... Chiamiamola per nome!
Se c'è una cosa che in questi due primi incontri di "LA BIRRA dalla A alla Z" gli amici di Pecora Nera hanno imparato è : di " Dare a Cesare quello che è di Casare"... E non soltanto perchè il primo Pub inglese della storia il "Domus Cerevisiae" è nato a Roma e non a Londra.
Ma soprattutto perchè la birra non è una bibita! Va trattata e gustata con passione e rispetto, sia per le sue origini mediterranee, ma in particolar modo per il suo fattore culturale che ne fa la bevanda sociale per eccellenza.
E' quindi giusto condividerne con il buon Pino tutti i segreti, gli ingredienti, le preparazioni e le modalità di degustazione... Avanti a tutta birra in questo fiume di incontri interessanti ed appaganti...
"Vamos Pino... Contigo hasta al quinto Pino!"
Del resto, Pecora Nera si nasce e non si diventa... Ricordo a tutti che mancano solo pochi incontri a quello conclusivo, e la singola sporadica partecipazione ad un incontro non vincola all'intera serie...
N.B.
A casa non si torna solo pieni di immagini e concetti, ma soprattutto pieni di pancia, e di certo non per via della CO2, che è del tutto assente grazie alla sapiente mescita e spillatura di Ivo, ineguagliabile persino in Germania.
Hasta Pronto!
Roma...
Un día, una ciudad y una eternidad...
Pasear por Roma desde el amanecer hasta la puesta del sol... Entre Angeles de piedra y Demonios de bellezas artísticas...
Un lugar maravilloso por su posición panorámica y logística para empezar nuestro viaje es la terrazza del Pincio, arriba de Piazza del Popolo donde están las dos iglesias gemelas que hemos visto en la película Angeles y demonios. Aquí podemos disfrutar del primero abrazo de Roma por la vista, hecho de piedras, cielo y verde del Parque Villa Borghese. En uno de los Bares de la Plaza podemos hacer una carga de azucar y café con un óptimo cappuccino y ponemos a calentar los motores para el primer chapuzón neoclásico del mar de belleza que la plaza nos ofrece y seguir por las maravillas de Roma.
Cerca de la Piazza del Popolo desayunaba Federico Fellini, el visionario director de "La Dolce Vita", mientras que en la Post- guerra fue un lugar de encuentro por los artistas.
Para respirar profundamente el aire de Roma podemos subir hacia Villa Borghese, donde podemos eligir entre visitar Galleria Borghese con todas sus obras maestras o el antiguo zoológico de Roma, ahora llamado Bioparco, para hacer una visita a los bebés de los animales ( i cuccioli), una vuelta interesante y divertida sobretodo si se va con niños, pero cuidado con la hora de cierre que hasta al 29 Marzo es a las 17:00, pero la última entrada es una hora antes.
Después podemos volver a Piazza del Popolo donde si cogemos el tranvía dirección Estadio Flaminio podemos visitar el nuevo y futurista MAXXI, Museo nacional de las Artes del XXI siglo, donde aun por pocos días se puede disfrutar de las obras de un gran artista ecléctico italiano, Alighiero Boetti. Además podemos disfrutar de los mapas del mundo que en los años '70 hizo realizar por bordadoras afganas donde cada país tenía su propia bandera.
Para almorzar podemos pararnos en "Qué te pongo?", para los nostálgicos de la comida española, para comer rapidito un sabroso bocata de atún o salmon 100% español.
Seguidamente podemos bajar por via di Ripetta donde encontraremos el museo del Ara Pacis, donde el altar del Emperador Augusto, símbolo de la edad de oro, está protegido por arquitectura de Richard Meier. Podemos seguir bajando por el Lungotevere in Augusta y mirar al otro lado del río Tevere, Castel Sant'Angelo y la cúpula de San Pietro " il Cupolone". Pronto encontraremos la isla Tiberina, la única isla de la ciudad sobre el riío Tevere, romántica y símbolo de la ciudad que resiste tras siglos de contracorriente.
Ahora podemos cruzar el puente para perdernos dentro de los olores y colores de Trastevere, o seguir nuestro viaje por el Coliseo o los Fori Imperiali. En los Fori Imperiali merece una visita, por su encanto místico, "La bocca della Verità"," la boca de la verdad", que se encuentra en la iglesia Santa María in Cosmedin. Medio fauno medio oraùlo, mencionado ya en la guía de los peregrinos "Mirabilia Urbis Romae", es digno de visitar.
Ahora podemos cruzar el puente para perdernos dentro de los olores y colores de Trastevere, o seguir nuestro viaje por el Coliseo o los Fori Imperiali. En los Fori Imperiali merece una visita, por su encanto místico, "La bocca della Verità"," la boca de la verdad", que se encuentra en la iglesia Santa María in Cosmedin. Medio fauno medio oraùlo, mencionado ya en la guía de los peregrinos "Mirabilia Urbis Romae", es digno de visitar.
Concluimos nuestro viaje con una visita a dos de las míticas 7 colinas donde nació la Roma imperial, sobre el Palatino y sobre el Campidoglio, donde sobre la plaza dominada por Marco Aurelio fue proyectada por Michelangelo y es abrazada por los museos Capitolini...
P.S.
Un lugar muy espíritu "Pulci", que se diferencia de las habituales etapas turísticas de Roma, para respirar cultura, arte, serenidad y paz, es el Cementerio protestante de Roma, Campo Cestio (parada del metro Pirámide línea azul). Veréis la pirámide de los gatos para honrar los verdaderos guardianes del cementerio... Los gatos... Aquí descansan artistas, escritores y poetas como Carlo Emilio Gadda, Antonio Gramsci, John Keats, Percy Shelly y el hijo de Goethe... También se encuentra una escritora e ilustradora infantil española, Asun Balzola.
N'DOCCIATA
E’ la festa della luce celebrata la sera dell’8 e 24 dicembre ad Agnone in Molise.
Questa antica festa del fuoco si ripete probabilmente da più di 1000 anni e muove i suoi passi dai riti pagani legati alla cultura agricolo-pastorale per celebrare i fuochi solstiziali durante il periodo più buio dell’anno.
Tradizione che si è prestata alla religione cristiana con la venuta di Gesù, portatore con la sua parola di luce e speranza di un mondo migliore. E quindi, per assistere alla funzione religiosa durante la notte della vigilia di Natale, i contadini accorrevano dalle contrade poderali, portando con sé per farsi luce nella notte, la‘ndoccia, una torcia realizzata con abete bianco, ginestre secche e spago , alte 2,5 metri. Queste torce sono secche e resinose tanto da produrre il classico crepitio della ‘ndoccia che secondo l’antica tradizione teneva lontano le streghe. La leggerezza dell’abete ne permette il trasporto in spalla in forma di raggiera producendo il classico effetto di un fiume di fuoco che scende dai monti a valle. I portatori, tutti uomini indossano un tipico mantello nero a protezione del fuoco. Ci sono credenze e superstizioni legate al vento che spira durante questa notte: se soffia da nord, l’anno sarà buono, mentre se arriva da sud, sarà cattivo.
L’ 8 dicembre del 1996, la bellezza di questo rito onorò il 50° anniversario di sacerdozio del pontefice Giovanni Paolo II in piazza S.Pietro a Roma.
Dove comprare:
- Pasticceria Torzi, ottima pasticceria secca e non, oltre l’originale e contagiosa simpatia del titolare che nonostante i tempi di crisi non concede regali, ma è sempre ben disposto ad elargire squisiti omaggi delle sue ottime” monache di Monza” al cioccolato. Via Fonticella, 33 Catelmauro (CB), Tel 0874-744339
- “Da Lucia” Pasta fresca, specialità della casa crostini, da provare con la famosa zuppa alla santè. Via Roma, 24 Agnone (IS), Tel 0865-78778
- Azienda Di Majo Norante, vini ottimi per qualità prezzo, da provare: “Biferno Rosso Ramitello 2010”. Contrada Ramitelli, 4 Campomarino (CB), Tel 0875-57379, www.dimajonorante.com Dove dormire: Masseria Montepizzi, in cima di un monte ai piedi di un bosco, accoglienza come quella di casa. Via Vaglie 40 Carovilli (IS), Cell +39 333 3519849, www.masseriamontepizzi.com
Dove mangiare:
- Locanda Nonna Maria, nel centro storico, cucina di mare, tra le specialità brodetto di pesce. Corso Nazionale 19 Termoli (CB), Tel 0875-81585, www.nonnamaria.it
Nessun commento:
Posta un commento