venerdì 7 marzo 2014



RIONERO IN VULTURE :" PARADISO PERDUTO" NELLA MANCHA D'ITALIA



" e là nell'ombra delle nubi, sperduto, giace in frantumi un paesetto lucano."
  (ROCCO SCOTELLARO)

A seconda che la si veda da Nord o da Sud, la Basilicata o Lucania, nei colori della terra, nei paesaggi rurali dove la vista non incontra l'orizzonte, nelle morbide distese che accarezzano il territorio, assomiglia tanto alla Mancha di Spagna. Quella Mancha che tutti noi conosciamo se non altro per le avventure raccontate da Miguel  Cervantes nel Don Chisciotte.
Luoghi e posti unici, ancora capaci di raccontare un umanità ideale, sospesa tra l'azzurro del cielo e il verde dei campi, "paradiso perduto" lontano dalla realtà odierna sociale. Perduto nelle nubi lucane, perduto nel blu cobalto delle acque di Monticchio, perduto nel verde delle felci, perduto nel nero della pietra lavica, perduto nel "pianto del Vulture".
Oggi, la resistenza di questa terra sembra sopravvivere solo nella morfologia del suo territorio e nella bellezza storica dei suoi patrimoni archeologici, che seppur caduti sotto l'ignavia degli uomini continuano a lottare contro il passare dei secoli.
E' così per i Palmenti di Pietragalla, architetture rupestri risalenti alla seconda metà dell'ottocento, caratterizzate da un sistema di grotte ipogee dedicate alla pigiatura e trasformazione delle uve in vino.
Questo insediamento produttivo rurale è testimone di un tempo in cui la vendemmia era festa vera. Il vino si faceva solo con l'amore e il lavoro era motivo di gioia collettiva e non d'alienazione.
 

E' così per la badia di San Michele di Monticchio, glorioso gioiello architettonico, che sovrasta il lago piccolo, segno di devozione e pace tra la dinastia Normanna e lo Stato Pontificio. Il santuario, infatti, dopo aver ospitato per secoli i pellegrini medioevali diretti in Terra Santa, resta oggi con le porte serrate a chi si avvicina ai suoi piedi, nonostante un cartello rosa fluo sia lì a ricordare che la Basilica è aperta tutto l'anno.
Bellezze sconsolate, bellezze desolate. E allora ci  si chiede perché in Europa le grandi bellezze ispirano mentre in Italia le grandi bellezze fanno incazzare.
Sembra che fatta eccezione per le lapidi marmoree delle piazze e dei palazzi storici più nessuno ricordi che queste terre furono le prime assieme ai sanniti a insorgere contro l'Impero Romano, che queste terre furono cavalcate da Federico, come lo chiama Donatuccio, un anziano del paese, rivolgendosi al grande imperatore Federico II di Svevia. Sembra che la gente abbia dimenticato che queste terre furono calpestate dai grandi intellettuali del governo Murat, e che da queste terre mosse i primi passi il pensiero meridionalista.
Un tempo c'erano i Briganti a difenderle dal pericolo delle invasioni: borboniche, francesi e piemontesi.
Mentre oggi chi ci difenderà dall'ultima grande invasione? Quella ad opera di noi stessi contro noi stessi, contro la perdita del senso di appartenenza agli altri e al territorio in cui viviamo. Il nostro ego ci ha fatto perdere la dimensione socio-collettiva della comunità e dello stare insieme.
Il passato non è una terra straniera, i veri stranieri siamo noi. La vera lotta per la libertà vive nella memoria, perché solo la conoscenza ci rende liberi.

Ma se la Mancha ha perduto il suo eroe, la Lucania ha ancora il suo Don Chisciotte basilisco: Ernesto Grieco, un poeta paesaggista, cittadino attento e sensibile, partigiano della libertà, che con l'unica forza delle sue poesie continua a lottare contro la perdita d'identità territoriale e difende con i suoi versi il senso dell'appartenenza. Una favola la sua che inizia negli anni '60, quando spinto dalla curiosità di sapere e conoscere dove portava il fischio del treno che ogni giorno scompariva dietro la montagna, decide di seguirlo fin su al Nord.
A Torino conosce il "Futuro" e l'industrializzazione, ma ben presto il terribile terremoto dell'80 lo riporta a casa, dove senza più niente ma con l'interminabile amore per la sua terra ricomincia la sua vita. Sembrerebbe una di quelle tante storie con l'happy end se non fosse che torna a trovarlo il "futuro". Nella sua veste peggiore, però. Quello in forma neocoloniale che sfrutta, avvelena il territorio e poi lo abbandona, distruggendo la forza dei legami sociali che lo arricchiscono e facendo perdere i mestieri di un tempo dove al tempo della remunerazione c'erano condivisione e aiuto reciproco.
Del resto quando Ernesto dice: "Il futuro oggi è recuperare un po' di ieri", non si sbaglia. Infatti basta leggere uno dei suoi libri di poesie per capire che la banca del tempo e la moneta virtuale esistevano già.

Per fortuna che oltre Ernesto resiste ancora chi si batte a tavola contro l'invasione dei grandi Bordeaux; e contro il piemontese Barolo, principe d'Italia, potendo dignitosamente competere con questi giganti della viticoltura internazionale.
Per chi non lo avesse ancora capito, stiamo parlando dell'Aglianico, un vitigno a bacca rossa coltivato nella zona del Vulture e portato qui dai Greci; che da vita a vini rossi che formano il marchio DOC e DOCG  come l'Aglianico del Vulture  Superiore.
La fierezza e la particolarità di questo vitigno la ritroviamo nei vini di Cantine del Notaio, dove gli aglianici il Sigillo e la Firma esprimono nobilmente il terroir di questo paradiso perduto e presentano elegantemente al palato la vigorosa tannicità di questo vino.
Dolce sorpresa della produzione di questa azienda è il vino bianco dolce l'Autentica, ideale in abbinamento ai cannoli di ricotta della pasticceria Libutti, dove oltre ai tipici cioccolatini al cuore d'aglianico, dal ventuno aprile in occasione della festa degli alberi potrete provare il vero gelato artigianale.


Blog notes:

  • DOVE MANGIARE: OSTERIA IL VECCHIO CORTILE, Via Luigi Lavista 23, Rionero in Vulture (PZ) tel: 0972724664 www.osteriavecchiocortile.it
  • PASTICCERIA LIBUTTI, Via Garibaldi 25, Rionero in Vulture (PZ)
  • DA VISITARE: CANTINE DEL NOTAIO, Via Roma 159, Rionero in Vulture (PZ) www.cantinedelnotaio.com

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