martedì 11 marzo 2014

PERALADA, NEL CUORE VIVO DEL SIGNOR MIGUEL MATEU


PERALADA



VINO, CULTURA E STORIA NEL CUORE VIVO DEL SIGNOR MIGUEL MATEU


Da lontano vedi un puntino all'orizzonte, quando ti avvicini basta poco per perderti nel chiarore della pietra tendente all'ocra delle sue case che si oppone al verde dei suoi campi, e nell'intenso aroma di mediterraneo che pervade le sue strade strette e che si oppone al salmastro delle brezze marine.

Peralada è un piccolo centro urbano, di carattere medioevale nel cuore della regione dell'Empordà in Catalogna (SPAGNA), a cui fa da cornice ,sullo sfondo, la catena montuosa dei Pirenei.

E' un oasi di storia, cultura e pace, dove perfino le cicogne hanno scelto gli alberi del suo castello come luogo per andarci a nidificare.
Le sue origini risalgono al IV secolo a.C., nel tempo ha visto arrivare l'Impero Romano che portò con sé le prime barbatelle di vitis vinifera, facendo del Empordà  la regione vitivinicola più antica di Spagna; si è dovuta difendere dai mori che spinsero quasi fin qui le frontiere del proprio califfato, e si è dovuta autodistruggere dandosi alle fiamme nel 1285 per non cadere in mano dei crociati francesi di Filippo III di Francia, proprio come era accaduto anni prima ai vicini albigesi.

Proprio a questa data storica, si deve far risalire la nuova Peralada, così come oggi si presenta ai nostri occhi.
Infatti il castello andò completamente distrutto nelle fiamme, allora i proprietari, i Visconti di Peralada decisero di ricostruirlo fuori dalle mura cittadine, cedendo parte delle terre confinanti ai frati carmelitani affinché vi costruissero un convento, l'attuale Convento del Carmen, al cui interno ospita una chiesa in stile gotico.
La vita di Peralada fu strettamente connessa a quella del suo Castello, che mantenne in vita il centro medioevale, e che ne ha disegnato il suo paesaggio, offrendo  protezione a conventi e monasteri, come il suggestivo claustro romanico del XI secolo d. C, dove è addirittura possibile scoprire in uno dei capitelli delle sue colonne che il frutto della conoscenza non era la mela, bensì un fico.

Eppure questa oasi di bellezza, non sarebbe oggi pervenuta a noi nella sua integrità se non fosse stato per il Signor Miguel Mateu y Pla, che nel 1923, alla morte del marchese De la Torre,ultimo erede senza discendenti dei Visconti di Peralada, ne comprò il castello e le sue proprietà.
Il Signor Mateu, imprenditore dell'acciaio di Barcellona, fu un uomo visionario, ricco di intuizione, appartenente a quella stirpe di  imprenditori luminari come gli italiani: Mattei, Einaudi, Olivetti; uomini che vedevano nel fare impresa un modo per fare cultura a trecentosessanta gradi e un opportunità per rendere un servizio utile socialmente.
La sua forte personalità e la sua sensibilità emotiva lo resero un uomo di grande spessore nazionale e internazionale, tanto che nel suo periodo come ambasciatore in Francia cercò fino all'ultimo di scongiurare l'entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale. Fu un uomo di lotte, spesso condotte in solitario, come quelle per la ricostruzione di Peralada, per il museo di Dalì, per il porto di Santa Margarita de Rosas, per la fine della guerra, per la pace. Ricordato con nostalgia dai viticoltori della zona che ogni anno celebravano assieme a lui la festa della vendemmia.
Il Signor Mateu non divenne solo il proprietario del Castello, ma fu  custode dell'intera Peralada, perchè grazie a lui si sono salvati i tempi passati.
Infatti per poterne apprezzare appieno l'opera di salvaguardia e difesa di questo  prezioso patrimonio culturale; prima di andare via fate una visita guidata a partire dal Convento del Carmen, visitando la sua chiesa in stile gotico, la cui struttura è disponibile per cerimonie religiose private.Per continuare la visita all'interno del castello, dove si trova il Museo del vetro con oltre 2500 pezzi e una biblioteca con quasi 100.000 libri, fra cui sono presenti più di 1000 edizioni  del Don Chisciotte in 33 lingue diverse, curata e ampliata con particolare dedizione e amore da Mateus dopo la morte della sua amata sposa Julita.

 La visita si conclude con il museo del vino, ubicato all'interno delle cantine del convento carmelitano, dove è possibile ammirare l'arte vinificatoria dei tempi passati risalente al XIV secolo, attraverso più di 750 oggetti legati ai processi produttivi di vinificazione. All'interno delle cantine  del castello ha ancora oggi sede l'attività produttiva vitivinicola della Bodega Castillo Peralada continuata dai discendenti del Signor Mateu; infatti proprio qui vengono elaborati secondo il metodo classico i prodotti di punta della produzione: i famosi cava, il cui termine deriva dalla parola utilizzata per indicare le grotte dove questo vino spumante  viene tradizionalmente  prodotto.

I cava più importanti elaborati dalla Bodega Castillo Peralada sono due:

  • Gran Claustro Cuveé especial Gran Reserva, un cava brut nature prodotto con il metodo classico a partire da uve autoctone della D.O. Cava, come xarell-lo, chardonnay e parellada, il nome è un omaggio alla magnificenza del claustro del convento del Carmen, dove nei capitelli dello stesso è scolpito uno scudo con una pera, simbolo della popolazione di Peralada.
  • Torregalatea, un cava brut rosè prodotto con il metodo classico  dalle varietà di pinot noir, tremat e monastrell. Questo vino spumante di un bellissimo rosa cerasuolo è un omaggio all'eterna amicizia  tra il geniale Salvador Dalì e il Signor Mateu. Infatti è noto che quando Dalì riceveva ospiti nella casa di Port Ligat, era solito offrire loro una copita di cava rosado, per impressionarli con il rosa cerasuolo di questo spumante vivacizzato dalle bollicine; decisamente insolito per quell'epoca.

Blog notes:


  • QUANDO VISITARE: in ogni momento dell'anno è  ideale oltre che possibile visitare Peralada, ma senza dubbio il momento clou è rappresentato dai mesi di Luglio e Agosto, quando i giardini del castello restano aperti per il Festival Internazionale della musica di Peralada, quando l'operà e la danza internazionale vengono a farle visita e che quest'anno vedrà la sua ventottesima edizione.
  • COME RAGGIUNGERE: In auto dista 145 Km da Barcellona e 46 da Girona, mentre da Figueres dista solo 9 km percorribili in auto seguendo le indicazioni stradali per Llancà.
  • DOVE DORMIRE: Hotel de la Font Peralada, Baixada de la Font Peralada  www.hoteldelafont.com  ex convento silenzioso e accogliente dove potrete fare una ricca colazione con prodotti tipici del territorio perparati in casa.
  • DOVE MANGIARE: Restaurant Cal Sacristà, cucina tipica territoriale che risente per via della vicinanza di un elegante influenza francese, ottime le torte preparate in casa con ingredienti  naturali. www.restaurantcalsacrista.com
  • DOVE COMPRARE: La botiga del Celler, C/San Joan 24  +34 972 538503 dove potrete trovare i vini della Bodega Castillo Peralada e altri vini regionali

venerdì 7 marzo 2014



RIONERO IN VULTURE :" PARADISO PERDUTO" NELLA MANCHA D'ITALIA



" e là nell'ombra delle nubi, sperduto, giace in frantumi un paesetto lucano."
  (ROCCO SCOTELLARO)

A seconda che la si veda da Nord o da Sud, la Basilicata o Lucania, nei colori della terra, nei paesaggi rurali dove la vista non incontra l'orizzonte, nelle morbide distese che accarezzano il territorio, assomiglia tanto alla Mancha di Spagna. Quella Mancha che tutti noi conosciamo se non altro per le avventure raccontate da Miguel  Cervantes nel Don Chisciotte.
Luoghi e posti unici, ancora capaci di raccontare un umanità ideale, sospesa tra l'azzurro del cielo e il verde dei campi, "paradiso perduto" lontano dalla realtà odierna sociale. Perduto nelle nubi lucane, perduto nel blu cobalto delle acque di Monticchio, perduto nel verde delle felci, perduto nel nero della pietra lavica, perduto nel "pianto del Vulture".
Oggi, la resistenza di questa terra sembra sopravvivere solo nella morfologia del suo territorio e nella bellezza storica dei suoi patrimoni archeologici, che seppur caduti sotto l'ignavia degli uomini continuano a lottare contro il passare dei secoli.
E' così per i Palmenti di Pietragalla, architetture rupestri risalenti alla seconda metà dell'ottocento, caratterizzate da un sistema di grotte ipogee dedicate alla pigiatura e trasformazione delle uve in vino.
Questo insediamento produttivo rurale è testimone di un tempo in cui la vendemmia era festa vera. Il vino si faceva solo con l'amore e il lavoro era motivo di gioia collettiva e non d'alienazione.
 

E' così per la badia di San Michele di Monticchio, glorioso gioiello architettonico, che sovrasta il lago piccolo, segno di devozione e pace tra la dinastia Normanna e lo Stato Pontificio. Il santuario, infatti, dopo aver ospitato per secoli i pellegrini medioevali diretti in Terra Santa, resta oggi con le porte serrate a chi si avvicina ai suoi piedi, nonostante un cartello rosa fluo sia lì a ricordare che la Basilica è aperta tutto l'anno.
Bellezze sconsolate, bellezze desolate. E allora ci  si chiede perché in Europa le grandi bellezze ispirano mentre in Italia le grandi bellezze fanno incazzare.
Sembra che fatta eccezione per le lapidi marmoree delle piazze e dei palazzi storici più nessuno ricordi che queste terre furono le prime assieme ai sanniti a insorgere contro l'Impero Romano, che queste terre furono cavalcate da Federico, come lo chiama Donatuccio, un anziano del paese, rivolgendosi al grande imperatore Federico II di Svevia. Sembra che la gente abbia dimenticato che queste terre furono calpestate dai grandi intellettuali del governo Murat, e che da queste terre mosse i primi passi il pensiero meridionalista.
Un tempo c'erano i Briganti a difenderle dal pericolo delle invasioni: borboniche, francesi e piemontesi.
Mentre oggi chi ci difenderà dall'ultima grande invasione? Quella ad opera di noi stessi contro noi stessi, contro la perdita del senso di appartenenza agli altri e al territorio in cui viviamo. Il nostro ego ci ha fatto perdere la dimensione socio-collettiva della comunità e dello stare insieme.
Il passato non è una terra straniera, i veri stranieri siamo noi. La vera lotta per la libertà vive nella memoria, perché solo la conoscenza ci rende liberi.

Ma se la Mancha ha perduto il suo eroe, la Lucania ha ancora il suo Don Chisciotte basilisco: Ernesto Grieco, un poeta paesaggista, cittadino attento e sensibile, partigiano della libertà, che con l'unica forza delle sue poesie continua a lottare contro la perdita d'identità territoriale e difende con i suoi versi il senso dell'appartenenza. Una favola la sua che inizia negli anni '60, quando spinto dalla curiosità di sapere e conoscere dove portava il fischio del treno che ogni giorno scompariva dietro la montagna, decide di seguirlo fin su al Nord.
A Torino conosce il "Futuro" e l'industrializzazione, ma ben presto il terribile terremoto dell'80 lo riporta a casa, dove senza più niente ma con l'interminabile amore per la sua terra ricomincia la sua vita. Sembrerebbe una di quelle tante storie con l'happy end se non fosse che torna a trovarlo il "futuro". Nella sua veste peggiore, però. Quello in forma neocoloniale che sfrutta, avvelena il territorio e poi lo abbandona, distruggendo la forza dei legami sociali che lo arricchiscono e facendo perdere i mestieri di un tempo dove al tempo della remunerazione c'erano condivisione e aiuto reciproco.
Del resto quando Ernesto dice: "Il futuro oggi è recuperare un po' di ieri", non si sbaglia. Infatti basta leggere uno dei suoi libri di poesie per capire che la banca del tempo e la moneta virtuale esistevano già.

Per fortuna che oltre Ernesto resiste ancora chi si batte a tavola contro l'invasione dei grandi Bordeaux; e contro il piemontese Barolo, principe d'Italia, potendo dignitosamente competere con questi giganti della viticoltura internazionale.
Per chi non lo avesse ancora capito, stiamo parlando dell'Aglianico, un vitigno a bacca rossa coltivato nella zona del Vulture e portato qui dai Greci; che da vita a vini rossi che formano il marchio DOC e DOCG  come l'Aglianico del Vulture  Superiore.
La fierezza e la particolarità di questo vitigno la ritroviamo nei vini di Cantine del Notaio, dove gli aglianici il Sigillo e la Firma esprimono nobilmente il terroir di questo paradiso perduto e presentano elegantemente al palato la vigorosa tannicità di questo vino.
Dolce sorpresa della produzione di questa azienda è il vino bianco dolce l'Autentica, ideale in abbinamento ai cannoli di ricotta della pasticceria Libutti, dove oltre ai tipici cioccolatini al cuore d'aglianico, dal ventuno aprile in occasione della festa degli alberi potrete provare il vero gelato artigianale.


Blog notes:

  • DOVE MANGIARE: OSTERIA IL VECCHIO CORTILE, Via Luigi Lavista 23, Rionero in Vulture (PZ) tel: 0972724664 www.osteriavecchiocortile.it
  • PASTICCERIA LIBUTTI, Via Garibaldi 25, Rionero in Vulture (PZ)
  • DA VISITARE: CANTINE DEL NOTAIO, Via Roma 159, Rionero in Vulture (PZ) www.cantinedelnotaio.com